Review: Che tu sia per me il coltello

Che tu sia per me il coltello Che tu sia per me il coltello by David Grossman
My rating: 4 of 5 stars

Premetto che ho trattato questo libro in modo particolare per motivazioni esterne alla lettura in sé, dunque ho un rapporto tutto mio con l'opera.
Metto 4 stelle perché mi è sembrata un'opera originale (se pur io non sia un esperto del genere) ed ha avuto degli sprazzi di genialità.
La struttura del romanzo è interessante: epistolare, diaristica, dialogica.
La trama giustifica perfettamente la struttura ed il tutto è a mio avviso sufficientemente contestualizzato.
La parte principale del romanzo, la più vasta, è sicuramente quella epistolare. Il protagonista di questa parte è Yair, un personaggio eccentrico, particolare ed anche lui innovativo a mio avviso. Il problema è che è un personaggio tossico, vive nel suo mondo ed avere per pagine, la maggior parte delle pagine, soltanto lui è un esperienza che a volte richiede molta resilienza. I suoi discorsi sono frutto di una mente che vuole uscire dagli schemi, la qual cosa lo rende affascinante (per chi non ne prova aberrazione fin da subito), ma anche estremamente difficile da seguire. La sua parte soffre molto di quella qualità negativa che caratterizza qualunque discorso che si protrae troppo a lungo con se stessi e che non incontra mai il vaglio del mondo esterno. Essa è sconclusionata, contraddittoria e spesso inintelligibile (e non soltanto da menti semplici come la mia, a mio avviso i suoi discorsi a volte sono semplicemente parole senza senso, non trovano riscontro neanche nella cultura umanistica, forse questo è anche colpa della traduzione). Yair dunque parla troppo, parla solo lui e quasi sempre non c'è nessuno che lo ascolta se non noi. I suoi discorsi come dicevo sono affascinanti a volte, lui crea i suoi simboli (anzi i loro) e questa cosa è secondo me una cosa da apprendere ed apportare ai proprio rapporti (degli inside joke per romantici insomma), ma che a lungo andare perde di valore se è per pagine l'unica cosa che si vede. Sono felice che le parti finali del libro scorrano molto di più e che siano un tantino più empiriche, ancorate alla realtà (Yair racconta fatti reali solo quando racconta la sua infanzia e per un po' quando si ritrova nell'hotel da incubo).
La parte di Miryam è un po' noiosetta ed a tratti pietosa, ma è bello finalmente conoscerla al di fuori (per quanto possibile, ormai è corrotta) delle astrazioni di Yair. La sua parte è più ancorata alla realtà e racconta le sue giornate, sono giorni tristi e mi hanno fatto provare emozioni forti a volte. Descrive secondo me in maniera sincera e credibile il rapporto di amore ed odio che caratterizza una madre ed il figlio con disabilità. Per il resto è un po' pietosa e noiosa.
L'ultima parte è la mia preferita e forse il motivo per cui metto 4 stelle. Trovo fantastico il contesto in cui tutto avviene, la pioggia. Apprezzo l'evoluzione della narrazione ed anche il modo in cui si fa concludere la storia, mi sembra coerente e non prende la strada facile e volgare che forse è in testa a molti lettori fin da quando Yair comincia a scrivere, pur essa concludendosi come doveva concludersi (l'incontro). In generale la parte finale è ben scritta, è molto intensa, cattura il lettore e personalmente mi ha fatto rivivere alcuni momenti difficili che ho dovuto passare da bambino che si finge adulto e deve convivere con dei bambini a tutto tondo (i suoi fratelli più piccoli), il rapporto tra Yair e Yidò (suo figlio) è secondo me davvero ben scritto e perfettamente in sintonia con i personaggi. L'unica pecca dell'ultima parte è l'eccessiva astrazione che circonda il concetto di bambino e le sottili, ma persistenti, allusioni a quest'ultimo (come al solito nel senso più astratto).
Un libro lungo, astratto, cinico, ma anche romantico. I personaggi sono molto eccentrici quindi è necessario leggerlo per capire davvero come tutto questo si incastri

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